Le nanotecnologie trovano applicazione in vari settori, tra cui sanità, biotecnologie, produzione di energia pulita, informazione e comunicazioni, chimica, industrie alimentari, elettroniche e militari, agricoltura e edilizia.
Stando ad alcune stime, si prevede che entro il 2020 il 20% circa di tutti i prodotti fabbricati nel mondo impiegheranno una certa quota di nanotecnologie.
Va registrato, però, che l’ampio utilizzo delle nanotecnologie ha suscitato, da una parte, un grande interesse per gli evidenti vantaggi economici e sociali che derivano dal loro uso e, dall’altra parte, preoccupazioni circa i possibili effetti negativi di questi materiali sull’ambiente e sulla salute umana.
Si è reso quindi necessario valutare e gestire in modo adeguato i potenziali rischi di queste nuove forme di materiali, studiare e valutare le proprietà pericolose delle sostanze in nano forma per garantirne l’uso sicuro.
A tale scopo scienziati e autorità di regolamentazione sono al lavoro per stabilire se le attuali modalità di valutazione della sicurezza delle sostanze chimiche, previste dal regolamento REACH, siano applicabili anche ai nanomateriali o se invece siano necessari nuovi approcci metodologici.
Permane, ad oggi, un sostanziale squilibrio di conoscenze tra applicazione delle nanotecnologie e il loro impatto sulla salute.
I rischi sulla salute e l’ambiente
L’utilizzo di nanomateriali, infatti, può rappresentare un rischio emergente per la salute e la sicurezza, che deve essere valutato e gestito tramite un approccio specifico, in particolare all’interno della complessità degli ambienti di lavoro.
S’impone, pertanto, la necessità di individuare misure di prevenzione e protezione atte a ridurre gli impatti sulla salute e sicurezza dei lavoratori e contribuire all’implementazione della normativa del settore.
Non è certo un caso, quindi, che la nanotossicologia (che si occupa dello studio degli effetti di nanodispositivi e nanomateriali sugli organismi viventi) abbia subito uno sviluppo esponenziale per effetto delle numerose applicazioni dei nanomateriali nei prodotti di consumo; circostanza, quest’ultima, che impone maggiori informazioni sui potenziali rischi per la salute umana e per l’ambiente associati al loro utilizzo.
L’esposizione umana può avvenire mediante inalazione, ingestione o attraverso la pelle anche se, ad oggi, gli effetti più importanti dei nanomateriali sono stati riscontrati sull’apparato respiratorio.
Inoltre, i nanomateriali possono raggiungere, oltre ai polmoni, altri organi e tessuti, tra cui il fegato, i reni, il cuore, il cervello e i tessuti molli in genere.
Di non minore importanza appare lo sviluppo della eco-nanotossicologia, cioè la scienza che studia i nanomateriali artificiali nella biosfera e i loro effetti sugli ecosistemi, dal momento che i nanomateriali possono essere rilasciati nell’aria, nell’acqua e nel suolo, entrando così in contatto con diversi organismi e influenzando l’intera catena alimentare.
L’ambiente, infatti, può essere esposto durante tutti gli stadi dell’intero ciclo produttivo delle sostanze in nanoforma: durante la produzione, il trasporto e lo stoccaggio, oppure durante l’utilizzo e lo smaltimento.
Tuttavia, l’insufficienza di informazioni sul comportamento dei nanomateriali nell’ambiente rende difficoltosa la valutazione dei loro rischi nei diversi comparti ambientali.
I nanomateriali fabbricati sono, come noto, materiali in cui almeno il 50 % delle particelle ha una o più dimensioni comprese fra 1 e 100 nm.
Le nanoparticelle più piccole sono confrontabili in termini di dimensioni agli atomi e alle molecole.
Gli effetti dei nanomateriali sulla salute dipendono dalle loro proprietà, ad esempio il materiale che li costituisce, le dimensioni, la forma e la solubilità delle particelle e le proprietà superficiali.
Tenuto conto dell’attuale stato di approssimazione della ricerca, l’esposizione ai nanomateriali deve essere gestita e mantenuta ben al di sotto dei valori limite di esposizione applicando un rigido principio di precauzione.
L’evoluzione delle nanotecnologie e i connessi rischi impongono pertanto che i lavoratori, i datori di lavoro e i professionisti che si occupano di salute e sicurezza in contesti produttivi e/o lavorativi che utilizzano nanoparticelle si tengano costantemente aggiornati sugli sviluppi.
Un aiuto in tal senso arriva dall’Agenzia europea per la sicurezza e la salute sul lavoro (EU-OSHA) che, dal 2018, conduce una campagna a livello europeo per promuovere la prevenzione dei rischi potenzialmente tossici associati alle sostanze pericolose sul luogo di lavoro.
Lo scopo è quello di ridurre la presenza di sostanze pericolose e l’esposizione alle stesse in ambito professionale attraverso un’opera di sensibilizzazione sui rischi e sulle modalità più efficaci per prevenirli.
I requisiti per gestire i nanomateriali sul luogo di lavoro sono simili a quelli applicati alla gestione di altre sostanze chimiche pericolose, comprese le attività di informazione e formazione per i lavoratori, la realizzazione di valutazioni dei rischi e l’adozione di interventi atti a garantire la sicurezza sul lavoro.
Tuttavia, i prerequisiti per soddisfare tali esigenze in relazione alle nanoparticelle sono diversi da quelli relativi alla maggior parte delle altre sostanze chimiche.
Come dicevamo, la conoscenza dei rischi associati ai nanomateriali è tuttora limitata e non esistono (ancora) limiti di esposizione.
Ciò nonostante sono stati individuati valori di riferimento presuntivamente idonei ad evitare vari tipi di lesioni polmonari, quali reazioni infiammatorie acute o croniche, il cui rischio sembra aumentare con la diminuzione delle dimensioni delle particelle, nonché danni ai tessuti, stress ossidativo, tossicità cronica, citotossicità, fibrosi , tumori o danni al sistema cardiovascolare.
Da non sottovalutare, poi, il fatto che i rischi per la salute (e le conseguenti malattie professionali) possono dar luogo a disturbi o malattie che si manifestano solo in seguito all’esposizione ai nanomateriali.
Sebbene siano stati messi in luce alcuni meccanismi, vi è ancora un’enorme esigenza di comprendere meglio quando e perché taluni nanomateriali influiscono sulla salute.
Nel frattempo, e necessario tenere conto dei riscontri scientifici dai quali emerge che almeno alcuni di essi sono più nocivi rispetto alle particelle più grosse degli stessi materiali e adottare le conseguenti precauzioni.
L’Esposizione
L’esposizione ai nanomateriali può avvenire durante qualsiasi fase del ciclo di vita dei nanomateriali, come la produzione, l’uso corrente o il riciclaggio di fine vita, la trasformazione e lo smaltimento.
Basti pensare che se un nanomateriale allo stato secco viene movimentato manualmente all’aperto, ad esempio versato da un sacco, caricato o scaricato da un contenitore o sparso accidentalmente, esiste un rischio elevato di esposizione.
Anche quando i nanomateriali sono movimentati in sistemi chiusi, può comunque verificarsi un’esposizione in seguito a incidenti o perdite.
L’esposizione può avvenire anche durante il trattamento di rifiuti che contengono nanomateriali.
Molti nanomateriali sono gestiti come liquami, pasta o granuli oppure come parte integrante di un materiale solido.
Può verificarsi esposizione anche quando i liquami o la pasta si essiccano, lasciando il nanomateriale allo stato secco, che può essere disperso ed emesso nell’aria circostante.
Valutazione dei rischi
In linea di principio, si può ritenere che tutte le attività che comportano la movimentazione di nanomateriali allo stato secco al di fuori di impianti chiusi possano essere associate a un rischio di esposizione per i lavoratori.
Tuttavia, l’esposizione è possibile anche qualora si utilizzino impianti chiusi, ad esempio in caso di perdite o durante le attività di pulizia e manutenzione.
Tale esposizione dovrebbe essere presa in considerazione nelle valutazioni dei rischi e andrebbero attuate le conseguenti misure preventive.
Poiché i nanomateriali sono costituiti da particelle estremamente piccole, le nanoparticelle non sono altrettanto visibili come altri tipi di polvere; ragion per cui le valutazioni dei rischi devono tener conto anche di questo aspetto.
I rischi variano a seconda del tipo di nanomateriale. Si ritiene che i rischi maggiori siano rappresentati dall’esposizione alle nanofibre insolubili o scarsamente solubili.
I rischi sono spesso valutati in base alle misurazioni dell’esposizione.
Tali misurazioni, pur essendo possibili, non sono immediate né semplici e richiedono sofisticati strumenti a lettura diretta.
Inoltre, gli strumenti a lettura diretta presentano limiti; ad esempio analizzano particelle di diverse dimensioni, ma non i materiali che le compongono.
In aggiunta non vi è consenso su quale variabile abbia la maggiore pertinenza in termini di incidenza dei nanomateriali sulla salute.
Da ciò deriva che, quando si effettua una valutazione dei rischi associati ai nanomateriali sul luogo di lavoro, occorre tenere conto che:
- le informazioni sulle proprietà pericolose dei nanomateriali sono ancora lacunose;
- gli strumenti che possono essere usati per misurare i livelli di esposizione e individuare i nanomateriali e le fonti di emissione presentano ancora oggettivi limiti di impiego e di valutazione delle misurazioni.
La valutazione dei rischi associati ai nanomateriali dovrebbe sempre includere:
- un inventario dei nanomateriali immagazzinati e usati sul luogo di lavoro;
- informazioni sui rischi per la salute legati ai nanomateriali, solitamente fornite in schede di dati di sicurezza;
- una valutazione dell’esposizione per inalazione, tramite contatto con la cute o ingestione;
- decisioni sulle azioni necessarie per ridurre l’esposizione e un piano d’azione che specifichi “chi fa cosa, come e quando”;
- una valutazione dei rischi per i lavoratori vulnerabili, quali i giovani lavoratori e le lavoratrici gestanti o in periodo di allattamento, determinando se occorra adottare azioni specifiche volte a tutelarli;
- la revisione periodica della valutazione dei rischi;
- la valutazione delle azioni adottate e, se necessario, miglioramenti al piano d’azione.
Le valutazioni dei rischi devono essere basate sul principio di precauzione e tenere conto delle seguenti considerazioni:
- il nanomateriale rientra tra quelli considerati a rischio elevato?
- un elevato livello di esposizione al nanomateriale può verosimilmente verificarsi sul luogo di lavoro o in modo accidentale?
Misure di intervento e gestione dei rischi
Nonostante la comunità scientifica abbia concentrato i propri sforzi per colmare le lacune nelle conoscenze e promuovere la ricerca tenendo in considerazione i rischi potenziali delle nanotecnologie, siamo ancora lontani da un approccio condiviso.
Pur in un ambito in continuo divenire, i datori di lavoro sono comunque tenuti a fornire un ambiente di lavoro sano e sicuro ai propri lavoratori, che comprenda la protezione dai rischi associati ai nanomateriali.
La legislazione europea in materia di salute e sicurezza sul lavoro stabilisce una “gerarchia” di misure volte a prevenire o ridurre l’esposizione dei lavoratori alle sostanze pericolose (articolo 6 della direttiva sugli agenti chimici).
Tale “ordine di priorità” — quale definito nella direttiva — e noto anche come il “principio dello STOP”:
- S = sostituzione (comprende anche l’eliminazione completa di una sostanza pericolosa)
- T = misure tecnologiche
- O = misure organizzative
- P = misure di protezione personale.
I nanomateriali sono spesso utilizzati per le loro proprietà tecniche uniche, pertanto la sostituzione potrebbe risultare difficile.
Anche se l’uso di un nanomateriale non può essere eliminato, è tuttavia possibile gestire il nanomateriale in modo da ridurre al minimo l’esposizione, ad esempio in forma liquida, come liquame o pasta, o collegato a un solido.
Ciò diminuisce in misura significativa l’esposizione, in particolare per inalazione.
Le misure organizzative comprendono, ad esempio, le informazioni da fornire ai lavoratori sui rischi, le misure preventive da applicare e le norme da seguire.
Le informazioni per i lavoratori dovrebbero includere quelle relative ai pericoli associati ai nanomateriali e all’importanza del principio di precauzione in relazione alle conoscenze ancora limitate in materia di rischi associati ai nanomateriali per la salute e la sicurezza.
La documentazione delle procedure e delle istruzioni operative sicure per i processi che coinvolgono i nanomateriali, resa disponibile sul luogo di lavoro, dovrà costituire una base per pratiche di lavoro adeguate e un punto di riferimento per un miglioramento costante.
Le misure organizzative potrebbero anche includere la riduzione al minimo del numero di lavoratori esposti ai nanomateriali sul luogo di lavoro nonché la diminuzione delle ore di lavoro in cui vi è una potenziale esposizione ai nanomateriali.
Si dovrebbe limitare l’accesso alle aree dove potrebbe verificarsi l’esposizione e i cartelli di sicurezza e pericolo dovrebbero essere utilizzati in modo corretto.
In ultima istanza, se non fosse possibile applicare le misure sopra descritte o risultassero insufficienti, si dovrebbero utilizzare dispositivi di protezione individuali come indumenti da lavoro, nonché guanti e occhiali, se necessario.
Ovviamente è auspicabile che le schede dati di sicurezza per le sostanze chimiche contenenti nanomateriali comprendano informazioni sui dispositivi di protezione individuali raccomandati.