Il lavoro notturno viene svolto in Italia da circa 3 milioni di persone ed è attualmente molto richiesto viste le molteplici attività che richiede una turnazione sulle 24 ore.
Innanzitutto, per lavoro notturno si intende il lavoro svolto per 7 ore consecutive, comprendente l’intervallo tra le 24 e le 5 del mattino.
Il datore di lavoro è tenuto, a proprie spese, attraverso strutture sanitarie pubbliche o private, ad effettuare controlli periodici, minimo ogni due anni, per verificare lo stato di salute dei lavoratori per l’idoneità al lavoro notturno.
Tuttavia, in base al D.Lgs. 66/2003, sono presenti alcune categorie di lavoratori ,che devono obbligatoriamente essere esclusi dallo svolgimento di attività lavorativa notturna.
Inoltre, le categorie dei soggetti esonerati, può essere estesa dalla contrattazione collettiva di riferimento.
I lavoratori esonerati riguardano le seguenti categorie:
- divieto assoluto per le lavoratrici in gravidanza, e fino ad un anno dalla nascita del bambino (il lavoro è vietato nell’arco temporale che va dalle 24 alle 6 del mattino);
- lavoratrici madri, con figli di età minori di tre anni, o in alternativa, il padre convivente nel caso in cui la madre non faccia richiesta di esonero;
- la lavoratrice o il lavoratore, che sia l’unico genitore affidatario con figlio minore di 12 anni;
- il lavoratore o la lavoratrice, che abbia a carico un soggetto disabile;
- le stesse regole valgono per il genitore adottivo o affidatario.
Poiché il lavoro notturno rientra tra i lavori usuranti, ed è maggiormente rischioso rispetto al lavoro diurno, è necessaria un’analisi dei sistemi di prevenzione e protezione presenti in azienda.
Il datore di lavoro, è tenuto a redigere il documento di valutazione dei rischi, nel quale si indicheranno, i risultati della valutazione e i criteri utilizzati per il rischio che deriva dal lavoro notturno.